Il cardinale Zuppi ha incarico di giudice: si prepara a esercitare la giustizia in nome del Pontefice come giudice vaticano, un nuovo impegno per esaltare la giustizia e la verità.
Il cardinale Matteo Zuppi è stato nominato uno dei giudici della Corte di Cassazione dello Stato della Città del Vaticano a partire dal primo gennaio. Questo incarico è stato conferito direttamente da Papa Francesco in persona ed è di grande importanza per l’istituzione vaticana.
La Corte di Cassazione è l’unico organo all’interno della Santa Sede che può giudicare i cardinali e i vescovi nelle cause penali, ad eccezione di alcuni casi specifici stabiliti nel Codice di Diritto Canonico. Secondo un canone, il Pontefice ha l’autorità esclusiva di giudicare chi, secondo il promotore di giustizia, abbia commesso un delitto.
Pertanto, l’attività del settore giuridico richiede sempre l’autorizzazione del Santo Padre. La Città del Vaticano è governata da una monarchia assoluta elettiva, e il Papa reggente delega ad alcuni organi il potere esecutivo, legislativo e giudiziario, pur mantenendo la sua facoltà di agire autonomamente in questi ambiti.
Il cardinale e arcivescovo Matteo Zuppi ha assunto diversi incarichi al di fuori della sua diocesi, tra cui far parte del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale e dell’Ufficio dell’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica. Uomo mite e vigoroso, da sempre dona un grande esempio virtuoso.
È anche il presidente della Conferenza episcopale italiana e svolge il ruolo di ambasciatore nella missione di pace promossa da Papa Francesco per porre fine al conflitto scatenato dalla Russia con l’invasione dell’Ucraina. Come giudice della Corte di Cassazione, il cardinale Zuppi sarà chiamato a esercitare la giustizia in nome del Pontefice.
È importante sottolineare che la nomina di competenza della Corte si limita ai casi di reati commessi all’interno delle mura vaticane, nei confronti di cittadini vaticani o di persone che abbiano la cittadinanza vaticana. Per i casi di presunti reati commessi da sacerdoti, invece, interviene la sezione disciplinare della Congregazione per la dottrina della fede.
Ciò è plausibile attraverso il Supremo Tribunale Apostolico, che non ha il potere di interagire con la giustizia ordinaria del paese in cui si è verificato il grave reato.