Don Alberto Ravagnani spiega cosa sia fare l’influencer cattolico, una figura che tutti i cristiani sono chiamati ad essere, dal parroco ai laici.
Presente insieme alla comunità Fraternità alla Giornata Mondiale della Gioventù che si sta svolgendo a Lisbona, don Alberto Ravagnani in qualità di influcencer cattolico illustra le sfaccettature di questo ruolo.
È molto noto sui social, il giovane prete ha un considerevole numero di followers e a pieno titolo riveste il ruolo di influencer del mondo cattolico.
Per la prima volta in concomitanza con la GMG si sta svolgendo anche il Festival degli influencer cattolici, figure che vanno ad inserirsi nel panorama più vasto degli influencer dedicandosi ad un settore specifico che potrebbe sembrare essere molto distante da questo ruolo.
In realtà, spiega don Ravagnani, considerando che è il primo evento ufficiale per chi riveste questa figura che l’influencer cattolico non è altro che un testimone. Non solo chi è sui social con migliaia di followers può esserlo, ma tutti i cristiani sono chiamati a farlo.
Che significa essere influencer cattolici?
“L’influencer è uno che lascia un segno nella vita degli altri” afferma don Alberto, e ogni cristiano deve fare questo, ogni parroco, ogni fedele.
“Ogni buon parroco è un grande influencer per la parrocchia” sostiene lui che su Instagram conta 151 mila followers.
In tutti gli ambiti della vita, a lavoro, a scuola, nel tempo libero, ogni cristiano è chiamato a testimoniare, a portare Gesù, l’annuncio del Vangelo agli altri, con le parole e con le azioni.
Con la propria vita lasciare un segno che rimane nella vita degli altri: la missione insita nell’essere cristiano.
La Giornata Mondiale della Gioventù è un’occasione importante, sostiene il sacerdote, per capire che bisogna affermare la propria fede pubblicamente.
La tentazione che investe la maggior parte dei ragazzi oggi è quella di vivere la fede come un fatto privato, e eventi come la GMG consentono di pensare che si può esternarla liberamente.
“Vivere il cristianesimo in maniera libera e liberante“, dice Ravagnani, cosa che viene dall’esperienza della GMG aiuta i giovani a uscire allo scoperto una volta tornati a casa.
Quanto all’utilizzo dei social il rischio che può esserci secondo don Alberto è di usarli male. Sbagliato utilizzarli sotto tono, in un modo troppo semplicistico, come se fossero “cose dell’oratorio“.
“Il bene va fatto bene“, afferma e quindi anche il linguaggio va usato nel modo giusto. È importante che vengano usati per creare relazioni anche off line in modo che rapporti che nascono sui social vanno a completarsi in presenza e rapporti che nascono in presenza trovano possano essere intensificati sui social.
Molto diverso quindi il ruolo dell’influencer cattolico dagli altri tipi di influencer per i quali è un vero e proprio lavoro e quindi come obiettivo ha la monetizzazione e il guadagno, che può arrivare anche a cifre da capogiro.