Il grande Ronaldo ha fatto un gesto considerato proibito: per il segno della croce rischia di andare in carcere. Ecco cosa è successo.
La libertà religiosa non è ovunque riconosciuta e ci sono Paesi del mondo dove ancora si rischia grosso anche solo per un gesto come il segno della croce.
È quel che è capitato a Cristiano Ronaldo, che si è fatto il segno distintivo dei cristiani pubblicamente. Mentre giocava una partita, una importante, la semifinale della Champions, subito dopo un goal gli è venuto spontaneo fare il segno della croce.
Gesto che ha come significato l’appartenenza a Cristo è fatto in tante circostanze e momenti, e spesso si usa farlo anche per esprimere un ringraziamento.
Espressione del pensiero che si rivolge verso Dio, il segno della croce nasce come segno di riconoscimento dei cristiani dei primi secoli.
Ha in sè un significato profondo e ogni credente deve essere libero di poterlo fare nel rispetto della sua fede. Ma così non accade ovunque.
Dal dicembre dello scorso anno Ronaldo lavora in Arabia Saudita, paese musulmano in cui vige la regola per chi non è di fede islamica di non manifestare la propria fede pubblicamente.
Si può certamente parlare di libertà religiosa attaccata e vilipesa. Ogni manifestazione pubblica della fede cristiana in quel Paese è vietata.
Non si può pregare in pubblico e nemmeno portare oggetti religiosi. Quindi neppure farsi il segno della croce, come ha fatto Ronaldo, prima di esultare con il suo solito modo e il grido “Siuuu“.
Ovviamente sono scoppiate le polemiche dopo che a seguito del gesto si è parlato perfino di carcere in cui potrebbe finire per esser andato contro le regole.
Non è il primo caso infatti di persona che viene perseguitata per aver fatto il segno della croce. Un altro calciatore, il colombiano Juan Pablo Pino, in passato è stato arrestato per un motivo molto simile: aveva la maglietta strappata e si intravedeva un tatuaggio raffigurante Gesù.
Non si sa ancora di preciso cosa rischia Ronaldo o se si troverà il modo di insabbiare la questione, ma certamente sembra alquanto singolare che proprio un Paese che intende ospitare nel 2034 i mondiali di calcio, possa perseguire un calciatore a motivo della sua fede.
Le voci contrarie e in difesa del rispetto religioso si levano da tutto l’Occidente e si spera che si arrivi ad un’affermazione del diritto di professare ed esprimere la propria fede anche in questi luoghi dove vigono legislazioni che certamente vanno in contrasto con i diritti umani basilari.