La postura da avere quando si riceve la Comunione ha la sua importanza: è da fare in piedi o in ginocchio? Qual è il modo migliore?
È importante considerare che i gesti educano la coscienza, esprimono sentimenti e sono segni anche esteriori che trasmettono qualcosa agli altri.
Per quanto riguarda la postura da assumere nel momento in cui si riceve la Comunione i modi sono essenzialmente due: si può riceverla stando in piedi o inginocchiarsi.
Entrambi i modi sono corretti, non c’è una norma della Chiesa che vieti uno dei due. Semplicemente rispecchiano differenti sensibilità.
La modalità di ricevere la Comunione in ginocchio era in uso nel periodo preconciliare e negli ultimi decenni è stata sostituita dalla consuetudine di stare in piedi.
In particolare, nel rito del pre-Concilio la ricezione della Comunione avveniva inginocchiati alla balaustra. Adesso non è avviene più così e se ci si vuole ingicocchiare lo si può fare direttamente a terra nel momento in cui dopo essersi messi in fila arriva il proprio turno per comunicarsi.
Ma non è solo la postura che può essere in due diversi modi, ad esprimere diverse sensibilità c’è anche la modalità con cui la si riceve: direttamente in bocca o in mano.
Per precisione, osservando attentamente cosa prescrive la Chiesa al riguardo si può notare nell’Istruzione Inestimabile donum del 3 aprile 1980 che la Comunione “può essere ricevuta dai fedeli sia in ginocchio che in piedi” come si evince al punto n.11.
Nel 1989 fu introdotta la possibilità di riceverla anche in mano. La Conferenza episcopale italiana il 19 luglio 1989 ha stabilito questo, precisando anche in un’Istruzione che quando la si riceve in piedi è appropiato fare un gesto di riverenza e professare con la parola “Amen” la fede nelle specie eucaristiche.
Quando invece i fedeli ricevono la Comunione stando in ginocchio non è richiesto di fare ulteriore gesto di riverenza perché l’inginocchiarsi è in se stesso un atto di adorazione.
Si tratta quindi di una scelta personale, a cui la Chiesa lascia la massima libertà, che esprime secondo la sensibilità di ognuno il modo di manifestare un atteggiamento interiore di adorazione e assoluto rispetto, riconoscendo l’immensità del dono che si riceve.
Essendo Gesù realmente vivo e presente nell’Eucarestia, in corpo, sangue, anima e divinità, è essenziale che anche il modo di accostarsi sia espresso con la massima riverenza.
Oltre a manifestare un atteggiamento interiore visibile anche agli altri e per questo una modalità di comunicare, trasmettere e significare una realtà sacra, è al tempo stesso e fondamentalmente un modo per mantenere e rinsaldare l’atteggiamento stesso.
Non si tratta quindi di una questione formale, ma assolutamente sostanziale. Il rischio altrimenti è di banalizzare e sminuire la smisurata importanza del Sacramento, riceverlo senza piena consapevolezza e così mancare di rispetto al Signore che stabilisce un contatto tanto stretto e profondo con la persona in un dono che è appena afferabile con la mente umana.